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176 | Capitolo ventiquattresimo |
Avevano appena chiusi gli occhi, quando una detonazione improvvisa venne a spargere l’allarme, facendoli balzare tutti in piedi.
— Un segnale di Asseybo?... — chiese Antao ad Alfredo.
— Lo credo, — rispose questi. — Egli ha voluto segnalare di tenerci pronti a tutto.
— Che si prepari ad assalire i negri?
— Giungerebbe in buon punto. Il vecchio capo ed i suoi giovani guerrieri mi sembrano spaventati.
— Stiamo attenti ad afferrare le nostre carabine.
— Il negro che le custodisce non lo lascerò fuggire, Antao.
Mentre così parlavano, il capo ed i suoi uomini si consigliavano, a quanto pareva, sul da farsi. Sembravano assai impressionati e guardavano sospettosamente i due prigionieri.
Forse cominciavano a temere anche essi una sorpresa.
— Uomo bianco, — disse il vecchio negro, avvicinandosi ad Alfredo. — Hai udito?...
— Sì, un colpo di fucile.
— Chi credi che lo abbia sparato?
— Forse qualche cacciatore.
— Ma i negri di questa regione non posseggono armi da fuoco.
— Può essere qualche negro del Dahomey. Tu sai che i soldati di Geletè sono armati di fucili.
— È vero, ma Abomey non è vicina. Cosa mi consigli di fare?... —
Alfredo stava per dargli qualche risposta, quando tutto d’un tratto, in mezzo ad un fitto macchione di cespugli, si vide balenare una luce intensa, seguìta da una detonazione così formidabile che pareva dovesse crollare l’intera foresta.
I negri della scorta ed il loro capo si sentirono atterrare da una spinta irresistibile, ma subito si rialzarono, fuggendo in pieno disordine da tutte le parti, gettando via le armi e mandando urla di pazzo terrore.
Alfredo ed Antao, passato il primo istante di sorpresa, erano pure balzati in piedi, tenendo però in pugno le loro carabine che erano state abbandonate sul terreno.
Stavano per fuggire verso il fiume, quando udirono una voce gridare:
— Presto, padrone!... Qui, venite qui!... I cavalli sono pronti. —
Si volsero e videro Asseybo, seguìto da uno dei due dahomeni.