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L’imboscata dei Krepi 169

sti a venerare i prigionieri come fossero esseri superiori, che ad usare loro la menoma scortesia.

Alcuni anzi, che erano riusciti a rompere le file della scorta, si erano affrettati ad offrire ad Antao e ad Alfredo delle zucche ripiene di birra di miglio fermentato, dei banani e delle noci di calla.

— Buon segno, — disse il portoghese, che s’era rassegnato.

— Questi negri mi sembrano assai gentili. Che abbiano intenzione di adorarci?...

— Non ci sarebbe da stupirsi, — rispose il cacciatore.

— Disgraziatamente abbiamo troppa fretta e non siamo affatto disposti a farci adorare.

— Vedremo come finirà questa singolare avventura, Antao. —

La scorta, disorganizzata dal primo impeto della folla, era riuscita, distribuendo legnate a destra ed a manca, a respingere tutti quei curiosi ed a fare avanzare la barella.

Fece attraversare ai due prigionieri la via principale della borgata, aprendosi il passo con gran fatica, fra la folla e li depose dinanzi ad una vastissima capanna che sorgeva sulla piazza del mercato, una costruzione assai barocca, terminante in tre cupoloni e circondata da un gran numero di statuette d’argilla bianca rappresentanti uomini, animali e uccelli, probabilmente degli idoli adorati dalla tribù.

Un vecchio negro dai capelli bianchi, dalla pelle incartapecorita vestito con una logora sottana adorna di galloni d’oro sfilacciati, di code di sciacalli e di buoi, col petto ed il collo carichi di collane di perle turchine ed il capo coperto da un elmetto da pompiere, tutto ammaccato, si avanzò verso i due prigionieri e pronunziò un discorsetto, che nè Antao nè Alfredo riuscirono a comprendere.

Dalle sue gesta però s’accorsero che quel minuscolo monarca li trattava con grande deferenza, anzi con molto rispetto.

— Orsù, morte di Giove e di Saturno!... — esclamò il portoghese. — Ti dico, Alfredo, che noi siamo stati rapiti per arricchire la collezione di feticci del capo.

— Ora lo sapremo, — rispose Alfredo. — È impossibile che qui non si comprenda l’uegbè. —

Si volse verso il re negro il quale pareva che aspettasse una risposta e lo interrogò nella lingua usata dai negri della Costa d’Avorio.