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Assediato in una trappola da elefanti | 159 |
terribile colpo di punta all’animale più vicino, squarciandogli il petto.
Le compagne, spaventate da quella brutta accoglienza, s’affrettarono a sbandarsi, mentre quella ferita nell’agitarsi fra le ultime convulsioni, sfondava parte dello strato di canne, precipitando in fondo alla buca.
— Per Giove!... — esclamò il portoghese. — Ecco un altro materasso che mi permetterà d’allungare anche le gambe. Approfittiamone per riprendere il sonno. —
Trascinò il cadavere della iena accanto ai due facocheri e si sdraiò comodamente sul suo letto di morti, ma era destinato che quella notte non dovesse continuare il sonno.
Aveva appena richiusi gli occhi, che un altro concerto più indiavolato lo costrinse a riaprirli. Via le iene erano giunti gli sciacalli, ma in grosso numero e quei furfanti si permettevano il piacere di offrirgli una serenata così strepitosa, da svegliare anche il più ostinato dormiglione della terra.
— Orsù!... — esclamò Antao, che perdeva la sua flemma. — Non vi è caso che mi lascino tranquillo un solo momento. Il diavolo si porti tutte le bestie dell’Africa!... —
In quell’istante gli parve udire una lontana detonazione echeggiare sotto i grandi alberi.
— Che sia Alfredo?... — mormorò. — Giungerebbe in buon punto per fugare questi arrabbiati concertisti. —
Tese gli orecchi, ma le urla degli sciacalli gl’impedivano di ascoltare.
— Mi cercano, speriamo adunque che mi trovino, — disse. — Se questi furfanti stessero un momento zitti potrei, urlando a piena gola, forse farmi udire, ma non cesseranno prima dell’alba. Se potessi pagarli con quattro buoni colpi di spiedo, credo che di simile moneta ne avrebbero abbastanza per andarsene a tutte gambe. —
Salì sui cadaveri cercando di avventare qualche colpo di punta a quella banda affamata, ma quegli animali erano troppo lesti, e meno curiosi delle iene, e si tenevano lontani dall’orlo della buca appena scorgevano l’arma alzarsi verso di loro.
Il portoghese, dopo vari tentativi infruttuosi, dovette rassegnarsi ad ascoltare, di buona o cattiva voglia, quella seconda serenata.
Per più di un’ora quelle lugubri urla risuonarono nella fo-