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Assediato in una trappola da elefanti 155

feroci animali, balzando agilmente sopra le piccole macchie, guizzando in mezzo alle radici ed alle liane, ma allontanandosi sempre più dai compagni, colla cattiva prospettiva di smarrirsi fra quelle migliaia di vegetali.

Galoppava da una buona mezz’ora, sempre più inoltrandosi nella boscaglia e sempre incalzato dagli ostinati cignali, quando tutto d’un tratto sentì mancarsi il suolo sotto i piedi. Ebbe appena il tempo di mandare un grido, che si trovò, semi-intontito in fondo ad una larga buca.

Non potè subito rendersi conto di quanto era accaduto, poichè nel battere il capo in terra, aveva ricevuto tale scossa, da non sapersi più raccapezzare. Gli parve però di sentirsi cadere addosso una massa pesante, quindi di udire presso di sè un urlo acuto che terminò in un grugnito rauco, strozzato.

— Morte di Giove e anche di Febo!... — esclamò, quando si fu un po’ rimesso.

— Un passo più innanzi e m’infilzavo come questo dannato facafuchero o facafocoro che sia. Si vede che sono ancora un uomo fortunato, dopo tutto. —

Il brav’uomo aveva ben ragione di chiamarsi fortunato, poichè era miracolosamente scampato al più orribile dei supplizi, cioè alla morte col palo.

La sua fuga precipitosa lo aveva condotto sopra uno di quei pericolosi trabocchetti che i negri sogliono scavare per impadronirsi senza correre alcun pericolo, dei grossi animali, come gli elefanti ed i rinoceronti.

Era una buca profonda tre metri, larga e lunga sei, munita nel mezzo d’un aguzzo palo profondamente impiantato e coperta superiormente da uno strato di canne, di terra e di foglie.

Il portoghese, invece di cadere sul palo e terminare la sua esistenza come un turco od un persiano, trasportato dal proprio slancio, era andato a stramazzare in un angolo del trabocchetto; in vece sua si era infilzato il vecchio maschio che gli stava alle calcagna e che ora presentava il comico spettacolo di un maiale enorme, messo allo spiedo intero.

— In fede mia che sta meglio su quella punta questo irascibile porco che io, — disse Antao. — È una vera disgrazia che non vi sia qui della legna per arrostirlo. —

Il suo buon umore si cambiò però in un subitaneo impeto di collera, udendo sopra la sua testa dei grugniti furiosi.