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Il supplizio d’un ladro nell’Ascianti 143

— C’è del tempo. Gli Ascianti non sono meno crudeli dei Dahomeni e prima lo tortureranno diabolicamente.

Quando avrà finita la passeggiata, il carnefice avrà tagliato parecchi pezzi di carne sul corpo di quel disgraziato.

— Ma allora lo ucciderà?

— No, poichè i carnefici sono abili e sanno che se uccidono la vittima prima che sia giunta l’ora, devono prenderne immediatamente il posto.

— Ma quando finiranno di torturarlo?...

— Non prima di questa sera. A mezzodì gli accorderanno un po’ di riposo e gli daranno una zucca di vino di palma per rinvigorirsi, poi lo costringeranno a riprendere la passeggiata e le danze innanzi alle autorità. Se si presterà volentieri a quei salti, la sua testa non tarderà a cadere sotto il coltello del carnefice, ma se si rifiutasse, disgraziato lui.

Prima di perdere la testa, quei mostri gli troncheranno ad una ad una le membra.

— Che razza di canaglie!... Il diavolo si porti il dikero e tutti i suoi negri. Prendiamo le nostre casse ed i nostri animali ed andiamocene, Alfredo. Rinuncio all’ospitalità di quel selvaggio sanguinario.

— Non chiedo di meglio, Antao. Preferisco andare ad accamparmi nella pianura o in mezzo ai boschi. —

Dinanzi all’abitazione del giudice trovarono i due dahomeni e la giovane negra, la quale attendeva ansiosamente il ritorno dei due bianchi.

Quando se li vide dinanzi, un vero grido di gioia irruppe dalle labbra della brava ragazza e fu tale la contentezza d’Antao, nel rivederla, che non potè fare a meno di abbracciarla.

— Morte di Giove, Venere, Urano e di tutti i pianeti del firmamento!... — esclamò. — Ti giuro, mia povera giovane, che io sono commosso. —

Stava per tempestarla di domande, ma Alfredo gli troncò le parole dicendo:

— Più tardi, Antao. Pensiamo a prendere il largo prima che il dikero ritorni. —

I due dahomeni e Asseybo bardarono i cavalli che erano stati ricoverati in una vicina tettoia, dai servi del dikero, si fecero consegnare le casse rubate, le caricarono in fretta sul dorso