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120 Capitolo diciasettesimo

— Ci mancherebbe il tempo. Su, lesto o verremo stritolati!... —

Non vi era che da scegliere essendo gli alberi d’alto fusto numerosi presso le rive di quel corso d’acqua. I due cacciatori s’aggrapparono ad alcune liane ed in pochi istanti si trovarono in salvo sui grossi rami d’un bombax, celandosi in mezzo al fitto fogliame.

Intanto il fragore continuava con un crescendo spaventevole. Pareva che dieci treni ferroviari si avanzassero all’impazzata attraverso la boscaglia, tutto abbattendo sul loro vertiginoso passaggio. La terra rimbombava come fosse sollevata da scosse potenti di terremoto, si udivano gli alberi schiantarsi e precipitare al suolo come se venissero svelti da una tromba ed in mezzo a tutti quei fragori si udivano dei suoni paurosi, dei clamori assordanti che parevano prodotti da un centinaio di rauche trombe di dimensioni gigantesche.

— Morte di Giove e di Saturno!... — esclamava Antao. — Si direbbe che un uragano stia per travolgere l’intera foresta. —

D’improvviso si videro delle masse enormi sbucare fra gli alberi e avanzarsi all’impazzata, abbattendo, con impeto irresistibile, le giovani piante, le quali cadevano a destra ed a sinistra come se venissero fucilate da un’arma mossa da una banda di titani.

Era una truppa di enormi elefanti, in preda ad un panico irresistibile, che fuggiva disordinatamente attraverso alla boscaglia. Quale pauroso spettacolo offrivano quegli animalacci lanciati al galoppo, colle loro potenti proboscidi sferzanti gli alberi vicini, per aprirsi il passo in mezzo a quel caos di vegetali!...

Mescolati confusamente, maschi, femmine e piccini, tutti in preda ad un inesplicabile terrore, pareva che non avessero che un solo scopo: fuggire un grave pericolo.

Urtavano furiosamente gli alberi, sradicavano quelli che si opponevano alla loro corsa, fracassavano i cespugli con mille scricchiolii, sfondavano colle masse enormi dei loro corpi le liane e le radici, barrivano strepitosamente formando un baccano assordante e si urtavano con tale violenza, che i loro corpacci risuonavano come grancasse di mole smisurata.

Quei cinquanta e più animali passarono sotto gli occhi dei due cacciatori come una meteora devastatrice, urtando il colossale tronco del bombax in così malo modo da scuoterlo dalla base