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Sulle rive dell'Ouzme 5

— Manca mezz’ora al tramonto — rispose il cacciatore. — Quando il sole sarà scomparso, li vedrai venire.

— Qui?...

— Sì, Antao. Verranno a saccheggiare questi vegetali.

— Sei certo?...

— Gamani li ha veduti venire per tre notti di seguito.

— Non si mostrano di giorno?

— Dormono in fondo al fiume; sono prudenti, mio caro. Accendi la tua sigaretta e fuma tranquillo come faccio io. —

Il cacciatore aveva levato da una tasca una scatola di sigarette, ne offrì all’amico, ne accese una, poi si accomodò fra le erbe, mettendosi la carabina sulle ginocchia.

Quei due cacciatori, che si avventuravano soli sugli isolotti dell’Ousme ad attendere i mostruosi ippopotami, anche a prima vista si riconoscevano per due persone appartenenti a nazioni diverse, quantunque avessero entrambi la pelle bruna, capelli e occhi nerissimi, distintivi particolari della razza latina.

Colui che abbiamo udito chiamare Alfredo e che sembrava il più pratico di quei luoghi selvaggi e anche il più intrepido cacciatore, era uno di quei tipi che s’incontrano così di frequente nelle regioni dell’Italia meridionale e sulle coste Albanesi.

Era un uomo sulla quarantina, di statura superiore alla media, tutto muscoli e nervi, dal profilo ardito, reso più fiero da una folta barba nerissima, dagli occhi vivissimi, lampeggianti e dalla pelle bruna, dovuta forse più di tutto all’ardente sole dell’Africa equatoriale.

Indossava un vestito di tela bianca stretto alla cintura da una larga fascia di lana rossa, come usano portare i pescatori napoletani, sormontata da una cartucciera, ed un elmetto pure di tela bianca gli copriva i folti capelli, che il clima della Costa dell’Avorio aveva già cominciato ad incanutire.

Il suo compagno Antao invece, dal nome e dall’aspetto, s’indovinava appartenente alle razze bianche dei climi ardenti. Era un giovanotto di ventiquattro o venticinque anni, di statura bassa piuttosto, ma di corpo robusto, dalla pelle quasi olivastra, dagli occhi grandi, neri, vellutati e tagliati a mandorla, con due baffettini pure neri ed i capelli ricciuti, quasi crespi come quelli dei negri.

Portava sul capo l’elmetto, cappello indispensabile in quei climi, ma invece della giacca indossava una semplice camicia