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Le tracce dei ladri 99

Il quadrumane, colpito nel cranio, interruppe le sue risa per mandare un urlo acuto e piombò al suolo come un sacco di cenci, fracassandosi le ossa.

Quella scimmia era senza dubbio la più brutta che Antao avesse fino allora veduta. La sua testa era veramente spaventosa con quelle due rigonfiature rigate che le deturpavano le gote, con quella bocca larga e sporgente, armata di acuti denti, con quella barba arruffata color arancio vivo e quel cranio piramidale.

Il suo corpo massiccio, robusto, coperto d’un pelame ispido, aveva tutte le tinte immaginabili. Era verde oliva e nero sul dorso, bruno chiaro sul ventre e sui fianchi, il petto giallognolo, le mani e gli orecchi neri ed il naso rosso fuoco.

La sua statura poi oltrepassava il metro, non compresa la coda che era appena visibile.

— Ehi, Antao!... — gridò Alfredo, vedendo l’amico assorto in una lunga contemplazione. — Contro chi hai fatto fuoco?...

— Contro la tavolozza d’un pittore, — rispose il portoghese ridendo.

— Contro una tavolozza?...

— Vieni a vederla e sarai persuaso. —

Alfredo, quantunque fosse certo che l’amico scherzasse, tornò indietro, ma appena ebbe dato uno sguardo alla scimmia, afferrò Antao per un braccio, dicendogli:

— Fuggi!... Simili tavolozze sono pericolose, mio caro.

— Ma è una scimmia e non già un gorilla.

— È un mandrillo e questi quadrumani hanno tali denti da farti a pezzi. Fuggiamo prima che giungano i compagni del morto.

— Non chiedo di meglio, amico, — rispose Antao. — Ne ho avuto abbastanza del gorilla, per attirarmi ora addosso la collera di altre scimmie. —

Fortunatamente nessun mandrillo si fece vedere, sicchè poterono raggiungere tranquillamente la carovana senza essere inquietati.

Asseybo intanto, che precedeva tutti per non smarrire le tracce dei ladri, aveva trovato un altro oggetto appartenente alla giovane negra, e cioè la sua fascia rossa che era rimasta appesa ad un ramo basso d’un grande cedro.

Non si poteva ammettere che l’amazzone l’avesse perduta,