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88 | Capitolo dodicesimo |
— Non l’abbandonerà, Antao, ma cercherà di certo di portarsela seco nella sua fuga.
— Ed allora se lo uccidiamo mentre si trova in alto, la ragazza cadrà.
— Cercheremo di farlo scendere. È isolato l’albero sul quale avete scorto il nido?...
— Sì, Alfredo.
— Allora abbiamo la speranza di costringerlo a calarsi a terra. Ci siamo, Asseybo?... —
Il negro, che si era bruscamente arrestato, non rispose; pareva che ascoltasse qualche lontano rumore.
— Hai udito qualche grido?... — chiese il portoghese.
— Dei nitriti, — rispose il negro.
— Dove?.. — chiese Alfredo.
— Laggiù, padrone.
— In mezzo al bosco?
— Sì, ma mi parvero assai lontani.
— Saranno i nostri cavalli che cercano di ritornare al campo.
— Lo credo anch’io, padrone... Udite?... —
I due cacciatori tesero gli orecchi, ma invece di nitriti udirono quel sordo rullìo che producono i gorilla, quando si battono il petto.
— Il mpungu, — disse Alfredo.
— E ci è vicino, — aggiunse Antao.
— Spegniamo le torce ed avanziamoci con precauzione. Non bisogna allarmare il mostro od è capace di strangolare la povera giovane. —
Le torce furono spente ed i tre uomini procedendo carponi per non urtare contro i rami bassi degli alberi, poco dopo giungevano sotto un grande sicomoro il quale s’alzava isolato in mezzo ad una piccola radura.
— È lassù, — disse Asseybo, con un filo di voce.
— Sta bene, — rispose Alfredo, con voce tranquilla. — Il mostro non ci sfugge più!