Pagina:Salgari - La Città dell'Oro.djvu/72

64 la città dell'oro

mise a dondolarsi proprio sopra le mascelle sempre aperte del caimano, facendo smorfie ridicole.

Un compagno, pronto come il lampo, l’afferrò per l’appendice e lo calò abbasso, ma la distanza era ancora considerevole. Altre scimmie accorsero e tenendosi per le code formarono una specie di catena la cui estremità, formata dal maschio, toccò ben presto l’acqua.

Un concerto indiavolato avvertì le altre scimmie, che si affollavano sui rami dell’enorme albero, che lo scopo era stato raggiunto.

Il capofila si era accomodato sull’estremità del muso del caimano e guardava dentro emettendo dei fragorosi scoppi di risa che i compagni, per non essere da meno, ripetevano con pari fracasso. Incoraggiato dall’immobilità di quelle mascelle, si mise a toccare la lingua, poi i denti, poi introdusse il braccio peloso nella gola, cercando forse di sapere cosa vi si trovava nascosto in fondo.

Era il momento atteso dal paziente e furbo caimano: ormai la colazione era assicurata. Pronto come la folgore, chiuse le potenti mascelle ed il povero curioso si sentì tagliare per metà da quei denti formidabili, duri come l’acciaio.

Il meschino ebbe appena il tempo di emettere un