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L'Orenoco | 55 |
brezza, s’avanzava sulla grande fiumana frangendo, coll’acuto sperone, la corrente che calava lentamente fra due sponde coperte di boscaglie antiche quanto la creazione del mondo.
Yaruri, sempre silenzioso, sedeva a poppa, alla barra del timone, scrutando le foreste coi suoi acuti sguardi, quasi temesse qualche improvviso pericolo; Alonzo stava a prua, sdraiato sulla banchina, guardando con ammirazione le scimmie che volteggiavano sui rami degli alberi con un’agilità meravigliosa; il piantatore e Velasco, seduti ai piedi dell’albero, parlavano fra di loro fumando delle sigarette di tabacco profumato e delizioso.
La piantagione era già scomparsa da qualche ora e la scialuppa navigava in una curva della grande fiumana per raggiungere la foce del Capanaparo, presso la quale i viaggiatori contavano di passare la prima notte.
Ad un tratto un grido bizzarro, che pareva una nota metallica, venne ad interrompere la conversazione impegnata fra il dottore e don Raffaele ed a strappare Alonzo dalla sua contemplazione.
— Cos’è? — chiese il piantatore, alzando il capo e guardando verso la sponda deserta, che era allora lontana un trecento passi.