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Una fuga misteriosa 39

— Andiamo dunque.

I tre uomini, aiutati da Hara e da una mezza dozzina di robusti negri, si misero alacremente al lavoro. Dovendosi intraprendere un viaggio che poteva durare parecchi mesi, fra regioni sconosciute, abitate da tribù ostili, era necessario provvedersi di molte cose e soprattutto scelte per non caricarsi di pesi soverchi che avrebbero dovuto più tardi abbandonare, se fossero stati costretti a lasciare il fiume.

Don Raffaele condusse i suoi compagni nei magazzini addetti alla piantagione, che contenevano una infinita quantità d’oggetti, di armi, di viveri, di vestiarii e tutti e tre procedettero ad una scelta scrupolosa.

Quando ebbero terminato fecero incassare ogni cosa e Hara fece trasportare tutto sulla sponda della Cauca. Vi erano carabine, due casse di munizioni, vesti, una tenda, viveri per due mesi, bussole, un sestante, un cronometro per ottenere la latitudine e la longitudine per non procedere a casaccio, utensili svariati per la cucina, amache, una piccola farmacia e parecchi altri oggetti ritenuti indispensabili, oltre parecchie casse di cianfrusaglie e di perle da regalare agli indiani. Yaruri per suo conto si limitò a scegliere una cerbottana e parecchie dozzine di frecce, che si proponeva di intingere più tardi nel succo mortale del curaro.