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Il supplizio del traditore 359

— E lo giuriamo anche noi, — dissero Alonzo ed il dottore.

— Ebbene, seguitemi sulla montagna!

Si sbarazzò del manto e uscì dal tempio seguito da Manco e dai tre spagnuoli.

La vasta piazza che s’apriva in mezzo alla foresta, poco prima brulicante di popolo, era deserta. Quegli indiani erano di già tutti ritornati a Manoa o si erano radunati altrove?

Yopi procedeva con passo rapido salendo i primi pendii della grande montagna, la quale spingeva la sua vetta a sei o settemila piedi d’altezza. Don Raffaele ed i suoi compagni penavano non poco a tenergli dietro, essendo le salite assai erte ed interrotte da boschi di cespugli assai fitti e da torrenti, i quali pareva che tutti si scaricassero in un luogo situato verso l’est, dietro a profondi precipizi.

Verso le dieci del mattino, mentre stavano per inoltrarsi sull’orlo d’un burrone tagliato a picco, giunsero ai loro orecchi delle grida acute, strazianti.

— Da dove vengono queste grida? — chiese don Raffaele fermandosi, in preda ad una vaga inquietudine.

— Dal fondo dell’abisso, — rispose Yopi con voce cupa.

— Ma cosa succede?