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332 | la città dell'oro |
Gli risposero le urla degli Eperomerii, i quali ormai si erano lanciati attraverso la foresta.
— Non pensiamo a lui, don Raffaele, — disse il dottore. — Lo ritroveremo più tardi. Se vi preme la pelle imbarchiamoci.
— Andiamo!...
Il canotto era ancora arenato sulla sponda. Con una spinta poderosa lo lanciarono in acqua, vi balzarono dentro e s’allontanarono arrancando disperatamente. Già erano lontani duecento metri e stavano fiancheggiando un isolotto roccioso di pochi metri di estensione, coperto da alcuni cespugli di legno cannone, quando Alonzo emise un grido di terrore.
— Ti ha ferito qualche freccia? — chiese don Raffaele, impallidendo.
— No... affondiamo!...
Il piantatore si chinò e vide che il fondo del canotto era già coperto d’un palmo d’acqua.
— È stato guastato! — esclamò. — Mille tuoni!... Presto, approdiamo a quell’isolotto o le sabbie della savana tremante c’inghiottiranno!
Con pochi colpi di remo approdarono e si misero in salvo fra i cespugli. Il canotto, già mezzo pieno d’acqua, poco dopo affondava, scomparendo fra quei pantani senza fondo.