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Un esercito di rettili | 323 |
vigogna, abbellite da ricami d’oro e da disegni fatti con penne d’uccelli abilmente intrecciate.1 Dopo quella volata di frecce, gl’indiani avevano abbassato le cerbottane e le lancie, come se avessero improvvisamente rinunciato ad ogni idea ostile. Poco dopo un indiano, adorno di orecchini, calzato di sandali di lana e con una grande ciarpa rossa a tre punte, distintivi che gl’imperatori peruviani non accordavano che ai valorosi, si fece innanzi agitando un drappo bianco.
— È un parlamentario, — disse Yaruri, che si teneva celato dietro ad un folto cespuglio.
L’eperomero s’arrestò a quindici passi dai viaggiatori, gridando:
— Cosa vogliono da noi, gli uomini bianchi?
Don Raffaele si fece innanzi, senza però abbandonare il fucile.
— Noi, — disse, — siamo qui venuti per vedere la Città dell’Oro.
— La Città dell’Oro appartiene ai figli del sole e nessun straniero, pena la morte, può vederla, — rispose l’indiano.
— Noi abbiamo intrapreso un lungo viaggio per vederla.
- ↑ Gli Inchi erano famosi in questi lavori.