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Il pane degli indiani 285

— Ma noi non lo possediamo.

— S’incaricherà Yaruri di fabbricarlo colle fibre dei cocchi.

— E poi?

— Poi Yaruri con dell’argilla fabbricherà un piatto, non possedendo noi alcuna piastra di ferro. Stenderà la manioca su quel piatto e la lascierà seccarsi a lento fuoco per far sparire gli ultimi residui di veleno. Si potrebbe farne anche a meno però della piastra, poichè lasciando la manioca un paio di giorni all’aria libera, perde egualmente le sue proprietà velenose.

— E perchè?

— Pel semplice motivo che il veleno della manioca si volatilizza al pari dell’acido cianidrico. La farina ottenuta si chiama cuac e si mette in commercio entro barili ove si conserva benissimo per lungo tempo.

— E le cassava cosa sono?

— Sono le gallette fatte colla farina di manioca.

— È vero, dottore, che questi tuberi sono molto nutritivi?

— Basta mezzo chilogrammo di cassava per nutrire ed abbondantemente un uomo per ventiquattro ore.

— Allora noi abbiamo qui....

— Tanto cuac da vivere un mese.