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284 la città dell'oro

— Cosa intreccia? — chiese Alonzo al dottore.

— Prepara il colubro, — rispose questi.

— Ma a cosa servirà quel budello? A fare dei salami forse?...

— A sbarazzare la manioca del veleno. Affrettiamoci, chè Yaruri ha quasi terminato.

Mezz’ora dopo l’indiano sospendeva il colubro, che era lungo due metri, al ramo d’un albero e lo riempiva, a tutta forza, in modo da farlo quasi scoppiare, di pezzi di manioca. Ciò fatto si mise a comprimerlo cominciando dall’estremità superiore, facendo schizzare, attraverso i pori delle foglie, un succo lattiginoso. Era il veleno.

Spremuta per bene quella polpa farinacea, di colore giallastro, l’indiano vuotò il colubro e ripetè l’operazione con tutta l’altra, aiutato dal piantatore e anche da Velasco.

— È mangiabile ora? — chiese Alonzo che seguiva attentamente quel lavoro.

— Non ancora, — rispose il dottore. — La manioca non s’è sbarazzata del tutto del veleno e potrebbe ancora procurarti la morte.

— Cosa richiede ancora prima di venire adoperata?

— Innanzi tutto uno staccio per sbarazzare queste fecole dei filamenti che contengono.