Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Il pane degli indiani | 277 |
— Ed allora come farai ad atterrare questo gigante?
— Lo vedrete, — rispose Yaruri.
Si mise a raccogliere dei rami morti e li accumulò alla base del bambù, poi vi diede fuoco.
— Ecco fatto, — disse. — Il legno si consumerà lentamente ed il colosso questa sera cadrà. Intanto possiamo metterci in cerca di viveri per preparare le nostre provviste di viaggio.
— Non so dove ne troverai, — disse Alonzo. — Non vedo che uccelli.
— La foresta ha mille risorse per l’indiano — rispose Yaruri. — Voi incaricatevi della selvaggina, ed io ed il padrone penseremo a procurare il pane.
— Quello dei palmizi forse?
— No, il manioca, — rispose Yaruri.
— Ma speri di trovarne qui? — chiese don Raffaele, con tono incredulo.
— Qui no, ma presso la cascata sì. Un tempo vi sorgeva una missione di padri bianchi e so che gl’indiani vanno ancora a raccogliere la manioca.
— Verremo con te, — disse Alonzo. — Sono curioso di vedere questa pianta e di assistere alla preparazione della farina.
— Ma non abbiamo nè un colubro, nè uno staccio, nè una piastra di ferro per cucinarla, — disse il dottore.