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268 | la città dell'oro |
— I caribi! — aveva esclamato.
Quasi nell’istesso istante Yaruri aveva spiccato un salto innanzi, emettendo pure un grido acuto.
— Fuggite! — esclamò don Raffaele, che si sentiva già mordere le gambe da quei feroci pesciolini.
Senza più pensare ai coguari che miagolavano sotto gli alberi, i quattro naufraghi, inseguiti dai piccoli mostri, si precipitarono verso la sponda perdendo già sangue da più ferite e s’arrampicarono su per l’erta, riparandosi ai piedi degli alberi.
Si erano appena riuniti, quando udirono un rauco ruggito echeggiare quasi sopra il loro capo.
— Il coguaro! — esclamò don Raffaele, scostandosi rapidamente dalle piante.
— È sull’albero! — gridò Alonzo, additando quello che avevano appena lasciato.
— Badate che non vi piombi addosso! — disse Velasco.
Si erano ritirati sull’orlo della sponda armando precipitosamente i fucili e guardavano fra i rami d’un saponiere.
Colà un animale grosso quanto e forse più d’un cane di Terranuova, ma di forme più slanciate, si teneva rannicchiato, fissando su di loro due occhi che brillavano stranamente fra quell’oscurità.