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L'assalto dei caimani 263

fu così potente, che i quattro naufraghi per poco non furono sbalzati nel fiume.

Yaruri però si era prontamente rimesso in equilibrio. Vedendo il caimano quasi a portata delle mani, afferrò robustamente la scure e lo percosse sul cranio con forza sovrumana.

Si udì uno scricchiolìo sonoro, come se l’arma fendesse una corazza, ed il mostro cadde, scomparendo sott’acqua.

Altri quattro o cinque caimani s’avanzavano però verso la zattera, colle mascelle aperte, pronti a ritentare l’assalto.

— Fuoco! — urlò don Raffaele.

Una scarica seguì quel comando. Gli anfibi, spaventati da quei lampi e da quelle detonazioni e feriti dalle palle che erano penetrate nelle loro gole, abbandonarono la partita fuggendo in tutte le direzioni.

— Animo, Yaruri! — gridò il dottore. — La sponda è vicina.

Velasco non si era ingannato. L’urto dato dal primo caimano aveva spinto i due alberi verso la riva e questa non era più lontana che pochi metri.

Ad un tratto la zattera s’arrestò.

— Abbiamo toccato? — chiese don Raffaele.

— Siamo su di un bassofondo, — rispose Yaruri,