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262 la città dell'oro

— Collocatevi nel mezzo e badate a non immergere le gambe o i caribi ve le rovineranno, — disse Yaruri.

— Ed i caimani? — chiese Alonzo.

— Li respingeremo a fucilate, — rispose don Raffaele. — Orsù, imbarcate.

Tutti e quattro si collocarono fra i due tronchi d’albero, due grossissimi paiva, che parevano recisi di fresco. Quella specie di zattera, che galleggiava benissimo quantunque fosse così carica, fu abbandonata alla corrente, ma Yaruri, che si era munito del picco della randa, bene o male cercava di dirigerla.

I rapidi flutti della cateratta facevano trabalzare disordinatamente i due tronchi e li facevano girare, ma non riuscivano a separarli nè a farli rovesciare, essendo tutti e due saldamente legati.

Avevano già disceso il fiume per tre o quattrocento passi, accostandosi lentamente alla sponda sinistra, quando Alonzo scorse alcune code emergere a breve distanza e poco dopo dei musi lunghi e armati di denti formidabili.

— In guardia! — gridò. — I caimani c’inseguono.

— Preparate i fucili, — rispose don Raffaele.

Avevano appena dato quel comando che un caimano mostruoso, con un potente colpo di coda si lanciava verso i due tronchi d’albero, cercando di salirvi. L’urto