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238 | la città dell'oro |
Il paese circostante non era cambiato. Le due sponde erano sempre coperte di boscaglie fittissime, le quali impedivano di spaziare gli sguardi al di là del fiume.
Si vedevano sorgere qua e là, in una confusione indescrivibile, grandi simaruba carichi di fiori, alberi di noci moscate selvatiche, cedri colossali, alberi da pepe, alberi del cotone alti solamente tre metri, con dei fiori gialli e porporini; euforbie cactiformi irte di spine, gruppi immensi di passiflore tempestate di quegli strani fiori che contengono un martelletto, una tenaglia ed una piccola corona; poi dei maot, piante appartenenti alla specie delle cotonifere, con foglie immense coperte d’una peluria rossastra e cariche di lunghe capsule scannellate; delle baspa butirracee, dai cui semi si estrae una specie di burro; dei saponieri, dalle cui bacche e dalla cui corteccia si ottiene una spuma densa che ha la proprietà del sapone, ed infine un caos di bambù, di liane e di spine ansara, tremendi pungiglioni che trapassano perfino le suole delle scarpe a chi osa affrontarli.
Il fiume appariva ricchissimo di pesci, i quali si vedevano guizzare in grande numero, perseguitati da stormi di piassoca, di caracari, appartenenti alla famiglia dei falchi e di gaviaos, specie di sparvieri.