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La cataratta d'Ature | 237 |
— Solo Yaruri lo sa, — rispose don Raffaele.
— È necessario passare ancora dinanzi alle foci di molti fiumi, — disse l’indiano. — Il Venituari è ancora assai lontano.
— Adunque è sul Venituari questa Manoa? — chiesero tutti ad una voce.
— Sì, — rispose Yaruri, — ma lontano dalla foce, verso il sole che si leva, fra montagne a tutti sconosciute.
— Ma il luogo preciso?
— A suo tempo lo saprete.
— Diffidi di noi? — chiese don Raffaele.
L’indiano non rispose.
— Parla, Yaruri.
— A suo tempo, — ripetè l’indiano. — Partiamo!...
Don Raffaele, ben sapendo che non sarebbe riuscito a levare una parola di più a quell’indiano, ordinò di spiegare le vele, non volendo lasciare troppo tempo ai misteriosi individui che lo precedevano e che ormai, veduto fallire il tentativo, dovevano essersi rimessi in viaggio.
Il vento però era debole assai e non soffiava che ad intervalli. Era molto se la scialuppa poteva guadagnare due miglia all’ora, anche in causa della corrente che era più rapida per la vicinanza della cateratta.