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14 | la città dell'oro |
— Ma impazzisci?
— No, Alonzo, il mio cervello è a posto, ma che questo nome di Manoa l’abbia un po’ sconvolto, non potrei dirti di no. Manoa!... Manoa! Gli Eperomerii!... Quale inaudita fortuna!...
Poi volgendosi verso l’indiano che conservava la sua inalterabile impassibilità, chiese:
— Ma è proprio vero che tu mi condurrai là?
— Te l’ho detto — rispose Yaruri.
— Ma non ci tradirai, tu?
— A quale scopo?
— Che ne so io? Gli uomini della tua tribù sono antropofagi e possono aver bisogno di qualche arrosto d’uomini bianchi per qualche rito misterioso.
— Non sono nelle tue mani, io? Chi t’impedirà di uccidermi al primo sospetto?
— È vero, — disse Raffaele.
— Verrai?
— Una domanda prima.
— Parla.
— Vorrei sapere per quale motivo un indiano tradisce un segreto, gelosamente custodito per più di tre secoli dagli uomini della tua razza.
Negli sguardi tetri dell’indiano guizzò un lampo sanguigno.