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I lamantini dell'Orenoco | 207 |
foce d’un fiumicello per prepararvi il pranzo. Avevano appena acceso il fuoco, quando videro avanzarsi verso di loro, senza la minima diffidenza, parecchi uccelli colle penne nere, il becco corto sormontato da un soprabecco, strano, che dava loro un aspetto tutt’altro che attraente, e forniti d’una coda lunga e larga. Quei volatili si misero a ronzare attorno al fuoco, beccando qua e là le erbe per cercare i bruchi.
— Questa è strana! — esclamò Alonzo, stupito. — Si sono mai veduti degli uccelli così poco diffidenti? Se allungo una mano posso prenderli.
— E se tu scarichi su di loro il tuo fucile, vedresti che si lasciano ammazzare senza fuggire, — disse il dottore.
— Ma che uccelli sono?
— Si chiamano Ani o meglio, per la loro bruttezza, uccelli diavolo. Sono così poco diffidenti che non temono l’uomo e si godono a vivere in buona armonia con tutti, perfino cogli animali.
— Anche cogli animali?
— Sì, ma non feroci. Se vedono dei branchi di buoi, li raggiungono tosto, si posano famigliarmente sul dorso di quei ruminanti e si mettono a sbarazzarli degl’insetti parassiti.
— E vivono in società questi uccelli?