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numerose coppie di bellissimi avvoltoi reali, di canindè colle ali turchine ed il petto giallo, di componga, uccelli bianchi che rompono il maestoso silenzio delle foreste vergini all’alba ed al vespro, lanciando un grido potente e che odesi a tre miglia di distanza, distinto come lo squillo d’una campana o il battito dell’incudine, e perciò chiamati campanari o fabbri; poi stormi infiniti di gambagira, di teù, di japù e di piassoca, i quali se ne stavano gravemente allineati sulle sponde, ritti sulle loro lunghe gambe.

Anche le scimmie non mancavano, ma quasi tutte appartenenti alla specie conosciuta col nome di sachi, del genere piterecia. Sono brutte, col pelame nero, colla testa coperta da una specie di capigliatura che cade loro sulla fronte, rotonda e somigliante a quella d’un vecchio negro, col viso ornato di una specie di barba ed una coda lunga, villosa, somigliante a quella delle volpi.

Vi erano però altre scimmie del genere piterecia melanocephala, simili alle prime, ma senza barba e col pelame bruno-giallognolo. Sono voracissime, infingarde, paurose, e vivono in grossi branchi sotto la direzione dei maschi più vecchi e più robusti.

Verso il mezzodì, dopo d’aver percorso una trentina di miglia, i viaggiatori s’arrestarono presso la