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192 | la città dell'oro |
zanzare che sull’Orenoco si radunano a milioni e che producono atroci punture, e si sdraiarono presso ai compagni, sorvegliando attentamente la vicina foresta e la sponda del fiume.
La notte però passò tranquilla, quantunque più volte sotto le fitte piante, echeggiassero i miagolamenti formidabili dei giaguari e le urla dei coguari; animali questi più piccoli e meno feroci dei primi, ma pur sempre pericolosi.
Verso l’alba don Raffaele, che aveva dormito profondamente, si svegliò. Era però sempre assai debole; tuttavia si alzò da solo e si diresse verso la scialuppa dicendo ai compagni:
— Bisogna partire.
— Siete pazzo, amico mio? — disse il dottore. — Vi occorre del riposo.
— Riposerò più tardi. Del resto con del buon vino e della carne mi rimetterò presto in forza.
— Ma che necessità vi è di partire?
— Gl’indiani ci precedono.
— Quali? Quelli della freccia? — chiese Alonzo.
— Sì, cugino.
— Ma cos’hai scoperto?
— Le loro traccie.
– Raccontate, don Raffaele – disse il dottore.