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170 | la città dell'oro |
— Vedo le termiti uscire a battaglioni e quest’oggi ne ho avuto abbastanza delle formiche.
— Accorrono a chiudere l’apertura fatta dal tamanduà.
— Andiamocene, dottore. È l’ora della colazione.
— Ghiottone.
— È l’aria dell’Orenoco che mette appetito.
— Ed i tuoi diciott’anni.
— Come volete. Orsù, di trotto!
I due cacciatori s’allontanarono frettolosamente per sfuggire all’assalto imminente delle termiti e tornarono a cacciarsi sotto la grande foresta.
Un quarto d’ora dopo, imbarazzatissimi a proseguire fra quegli ammassi di vegetali, s’arrestavano ai piedi d’una palma mauritia dalle foglie disposte a ventaglio, il cui tronco enorme era cinto da una specie di liana irta di radici.
— Fermiamoci — disse Alonzo. — È mezzodì e penso che abbiamo parecchie ore per ritrovare l’Orenoco.
— Sia pure, quantunque le mie inquietudini comincino a crescere.
— E perchè, dottore?
— Perchè temo che noi ci siamo molto allontanati dalle sponde del fiume.