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148 | la città dell'oro |
Trenta o quaranta animali s’avanzavano correndo e grugnendo, cogli occhi sfavillanti di furore e mostrando delle lunghe ed acute zanne. Somigliavano a cinghiali, ma parevano più svelti e più robusti. In un lampo giunsero sotto l’albero e lo circondarono emettendo grida acute e battendo le lunghe zanne con un rumore minaccioso.
— Cosa sono? — chiese Alonzo, che pareva tranquillissimo.
— Queiscadas, o se ti piace meglio, pecari.
— Cinghiali insomma.
— Press’a poco.
— E avete tanta paura?
— Ti fanno in pezzi in mezzo minuto, mio caro. Vi è meno pericolo ad affrontare un giaguaro che una banda di pecari.
— Così feroci sono?
— Non temono le armi da fuoco, e quando un loro compagno cade, accorrono a vendicarlo, dovessero affrontare un battaglione di cacciatori.
— Saranno buoni a mangiarsi?
— Come i cinghiali, ma però è necessario levar loro una ghiandola che è ripiena d’un liquido che sa di muschio. Senza questa precauzione, la loro carne puzzerebbe come quella d’un caimano.