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Le testuggini dell'Orenoco | 115 |
— Nessuno, cugino; puoi accertartene.
Alonzo si mise a percorrere la sponda in tutti i sensi, ma non trovò alcun segno che indicasse ove le uova erano state nascoste. Yaruri lo osservava sorridendo maliziosamente.
— Fulmini e lampi! — esclamava il giovanotto stizzito, frugando e rifrugando le sabbie, ma senza successo.
— A te, Yaruri, — disse don Raffaele. — Se aspettiamo che mio cugino le trovi, la frittata si farà attendere fino a domani.
L’indiano si mise a percorrere la sponda con passo rapido, sulla punta dei piedi, ma con un’andatura inquieta. Ad un tratto si curvò, si mise a scavare la sabbia e mise allo scoperto un gruppo d’uova rotonde, un po’ più grosse di quelle di gallina, che si trovava sepolto a otto o dieci centimetri di profondità.
— Ma io non ho veduto alcuna traccia sopra quella covata, — disse Alonzo, che aveva seguito l’indiano.
— Le testuggini te l’ho detto, non ne lasciano e livellano le sabbie con cura estrema per impedire che le ova vengano trovate, — disse don Raffaele.
— Ma come fanno allora a scoprirle?
— Non lo si sa... ma to’!... Cos’è questa traccia? — chiese, mostrando sulla sabbia una buca che aveva la forma d’un pesce, ma un po’ arrotondata.