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lo teneva in braccio, pizzicavagli fortemente gli orecchi per farlo urlare.

Il caimano però, messo forse in sospetto da quella cinta che poco prima non esisteva, si manteneva nascosto in fondo al fiume. La sua ingordigia però doveva vincere ben presto la sua diffidenza.

Infatti, udendo le urla sempre più acute del pecari, dopo dieci minuti si vide l’acqua rigonfiarsi dinanzi all’apertura del recinto. Il ghiottone giungeva, ma con mille precauzioni e tenendosi nascosto sott’acqua per non farsi scorgere.

Quelle grida che promettevano una preda appetitosa, esercitavano su di lui un fascino irresistibile.

Gl’indiani non fiatavano. Armati delle loro pesanti mazze, di qualche scure e di qualche arpione, attendevano il momento opportuno per scendere sul bassofondo. Don Raffaele ed i suoi compagni stavano pure zitti, ma avevano armato i fucili per aiutare gli Ottomachi nella pericolosa impresa.

Ad un tratto si scorse il muso del caimano presso la cinta. Il mostro esitò un istante ancora, poi si cacciò nella stretta apertura, ma non potendo passare, con urto violento spostò i primi pali. L’albero si rizzò improvvisamente facendo scattare il laccio ed il saurio, preso a mezzo corpo da quella robusta corda che gli