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L’assalto del «jacarè». 77

Un’altro di quei serpenti?

— Ma sì, signore.

— Strano paese dove i serpenti invece di strisciare fra le erbe vivono nell’acqua come le anguille!

— Devono essere parenti stretti.

— Non disturbiamo oltre quel messere che deve essere molto irritato per aver inghiottito il tuo amo. D’altronde la cena è ormai assicurata e abbondantemente.

— Quando lasceremo l’isolotto?

— Ci fermeremo qui questa sera. Siamo più al sicuro in mezzo alla palude che nei boschi.

— Che gl’indiani abbiano terminata la battaglia?

— Non si ode più nulla.

— Saranno probabilmente occupati ad arrostire i morti.

— E anche i prigionieri, Garcia, — disse Alvaro.

— Che canaglie! Eppure la selvaggina e le frutta non mancano nelle loro foreste.

— Questione di gusti, ragazzo mio. Orsù, accendiamo il fuoco e prepariamoci la cena.

Il sole si abbassa rapidamente. —

Temendo che gl’indiani potessero scorgere la fiamma, dubitando che avessero già lasciata la foresta, scelsero un luogo riparato dalle piante.

Raccolsero delle canne secche e dei rami morti e si sedettero intorno al piccolo falò sorvegliando la cottura dei pesci.

Le tenebre cominciavano a calare e dalle acque si alzava una nebbiola carica di esalazioni pestifere, quella nebbia pericolosissima che produce febbri mortali e anche la terribile febbre gialla.

Miriadi di zanzaroni volteggiavano fra le canne, mentre in alto svolazzavano a zig-zag certi grossi pipistrelli che avevano delle ali di quasi mezzo metro, forse quei pericolosissimi vampiri rossi che succhiano il sangue alle persone e agli animali che sorprendono addormentati.

Sulle larghe foglie delle victorie, passeggiavano invece gravemente, sui loro lunghissimi trampoli i piassoca, lasciandosi trasportare dal venticello che spingeva quelle zattere verdeggianti, attraverso la palude, mentre i bentivi, ritti sulle canne, lanciavano il loro monotono e melanconico grido: ben-ti-vi... ben-ti-vi... ed i bianchi uruponga nascosti fra i cespugli degli isolotti lanciavano in aria, rompendo bruscamente il silenzio, le loro note