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Il giboia delle paludi. | 69 |
che sono grosse come le mele e assai gustose, una massa informe di peli lunghi e grigiastri che si teneva aggomitolata all’estremità d’un ramo, lasciando pendere una coda lunga più di mezzo metro.
— Ecco le costolette! — esclamò Alvaro. — A qualunque specie appartenga, quell’animale non lo lascerò sfuggire e lo metterò sui carboni.
Badiamo che non ci sfugga, Garcia.
— Mi pare che non ne abbia il desiderio signore. —
Si accostarono alla pianta tenendo gli archibugi puntati su quello strano animale il quale continuava a lamentarsi con degli a-ih! sempre più lugubri.
Vedendo avvicinarsi i cacciatori non faceva alcun tentativo per evitarli. Si manteneva ostinatamente aggrappato al ramo, muovendo appena appena e quasi a fatica, la coda.
— Che abbia le zampe rotte? — chiese il mozzo. — Una scimmia non rimarrebbe lì ad aspettare i nemici, anzi.
— È poi una scimmia? — disse Alvaro.
— Sia una scimmia o no, quell’animale si lascerà ammazzare colla miglior buona grazia. Sarà forse contento di offrire a due uomini affamati le sue bistecche. —
Erano giunti sotto la pianta che era pochissimo alta, e quello strano essere non aveva fatto ancora alcuna mossa per rifugiarsi almeno sui rami superiori.
Assai sorpreso Alvaro si era messo a osservarlo curiosamente, credendo che qualche grave ferita gl’impedisse di fuggire.
Sembrava una scimmia, ma aveva anche molto del tasso ed un po’ anche del gatto.
Non era più alto di mezzo metro, colle membra sproporzionate, la testa rotonda traforata da due occhietti neri e malinconici ed il corpo avvolto in un pelame fitto, lungo, grigiastro e assai ruvido. I suoi piedi erano armati di tre sole unghie, larghe e ricurve al pari d’uncini e così anche le dita delle mani.
— Non ha alcuna ferita e non fugge! — esclamò Alvaro. — Proviamo a farlo cadere. —
Afferrò il tronco del nespolo che non era più grosso del braccio d’un uomo e lo scosse vigorosamente. Fatica inutile! Il quadrumane non voleva saperne di lasciare quel ramo a cui pareva incollato e manifestava solamente la sua collera con degli a-ih! sempre più lamentevoli.