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64 | Capitolo Sesto. |
— Signor Alvaro! — gridò, riparandosi gli occhi. — Il terremoto! —
Altro che terremoto! Un serpente enorme, un giboia o boa constrictor, di lunghezza smisurata, grosso quanto il corpo d’un ragazzo di dieci anni, era improvvisamente sorto fra le canne e le piante acquatiche, sollevando colla possente coda un uragano di fango e di acqua.
Era uno dei più spaventevoli rettili che vivono nelle savane brasiliane, quantunque uno dei meno pericolosi non essendo velenoso come i crotali o come i cobra çapelo.
Interrotto dal suo sonno dal mozzo che rimuoveva il fondo, si era raddrizzato di colpo, sibilando rabbiosamente e dardeggiando sui due naufraghi uno sguardo ardente e affascinante.
Il signor di Correa, senza perdersi d’animo, con un’ultima strappata tirò alla riva Garcia, poi afferrò l’archibugio.
Il rettile, che doveva essere non solo irritato, ma anche affamato, si era diretto verso i due naufraghi percuotendo furiosamente le acque colla coda, come se fosse deciso ad assalirli.
— Fuoco, signor Alvaro! — gridò il mozzo, slanciandosi verso il suo fucile. — Ci divorerà tutti due.
Alvaro mirò qualche istante, poi lasciò partire il colpo.
Il rettile, colpito un po’ sotto la gola da quella scarica di pallettoni, si contorse impetuosamente soffiando orrendamente e vomitando ad un tempo bava e sangue e agitò furiosamente la coda lanciando a destra ed a sinistra spruzzi di fango liquido, poi con uno sforzo supremo si slanciò sulla riva cadendo a pochi passi dal portoghese.
— Il tuo archibugio, Garcia! — gridò il giovane.
Il mozzo che l’aveva già armato, glielo porse prontamente.
Il serpente che si era aggomitolato su se stesso, stava per cacciare la sua coda fra le gambe del portoghese onde rovesciarlo e quindi avvolgerlo fra le sue potenti spire.
Alvaro però si era accorto a tempo del pericolo. Con un salto si gettò da una parte, poi puntato rapidamente l’archibugio glielo scaricò a bruciapelo fra le fauci spalancate fracassandogli la testa.
Quella seconda ferita era mortale.
Il boa nondimeno per la seconda volta si rizzò, toccando col cranio mutilato la cima d’una palma che cresceva a breve distanza, poi ricadde come un pacco di stracci bagnati e rimase immobile.