Pagina:Salgari - L'Uomo di fuoco.djvu/67


Nelle foreste brasiliane. 61

— E vedo anche delle bestiacce che fanno ribrezzo, fuggire attraverso i rami. Ah! Perdinci, come sono brutte! Che cosa saranno mai? —

Quelle che chiamava bestiacce, erano dei lagarti, orribili lucertoloni lunghi un buon metro, di color verde cupo, ma la cui pelle cambia sovente di tinta quando sono specialmente irritati, al pari dei camaleonti africani e che si tengono per lo più sugli alberi.

Sono velenosi, non però come le serpi e nondimeno la loro carne è mangiabile, anzi è ricercatissima essendo bianca e gustosa come quella dei polli e le cosce dei ranocchi.

Però anche se Alvaro l’avesse saputo, non avrebbe certamente avuto il coraggio di regalarsi per colazione una di quelle bestiacce, anzi temendo che fossero pericolose s’affrettò ad allontanarsi, facendo un gesto di disgusto.

La palude o lo stagno dovevano essere vicinissimi. Il terreno era saturo d’acqua e le canne aumentavano di passo in passo, mentre gli alberi diventano sempre più radi.

— Ecco laggiù l’acqua, — disse il mozzo che precedeva Alvaro. — Si direbbe che noi stiamo per giungere sulle rive d’un lago. —

Affrettarono il passo e si arrestarono dinanzi ad una vasta palude ingombra di piante palustri e di foglie immense che parevano piccole zattere, sulle quali passeggiavano gravemente numerosi trampolieri.

Più che una palude, doveva essere qualche savana sommersa, dal fondo forse pericolosissimo, senza consistenza veruna.

Aveva un circuito di parecchie miglia ed a malapena si potevano scorgere le piante che crescevano sulla riva opposta.

Qua e là si vedevano dei minuscoli isolotti coperti da palme e abitati da un numero infinito di uccelli, di cui, di japì e di choradeira che lanciavano le loro grida lamentevoli piene d’infinita tristezza.

— Che acque nere, — disse il mozzo. — Si direbbe che vi hanno versato dentro delle centinaia di botti d’inchiostro. Che vi possano vivere qui i pesci? —

Alvaro non rispose. Guardava con inquietudine un minuscolo isolotto coperto di canne che scivolava a fior d’acqua come se qualcuno lo spingesse e che stava eseguendo delle strane evoluzioni.

— Un isolotto galleggiante che cammina, — disse, additandolo al mozzo. — Eppure l’acqua è immobile e non soffia un alito d’aria.