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L’assalto dei Tupinambi. 329

Si strappa rabbiosamente la freccia, ma cade subito fra le braccia del portoghese e di Rospo Enfiato.

— Mio povero amico! — esclamò Alvaro colle lagrime agli occhi.

Il marinaio fece un gesto d’addio, poi mormorò:

— I sotto-capi! A me! Caramurà! —

I Tupinambi giungevano da tutte le parti. I Tupy, completamente sconfitti avevano già evacuato il villaggio fuggendo nei boschi vicini.

Un grido di furore era sfuggito da tutti i petti vedendo il gran pyaie della tribù a terra. Il disgraziato aveva alle labbra una schiuma sanguigna e guardava Alvaro cogli occhi semispenti.

Colla mano fece cenno ai sotto-capi di accostarsi e additando Alvaro che piangeva come un fanciullo al suo fianco.

— L’Uomo di fuoco, — balbettò. — Il capo dei Tupinambi... l’invincibile. —

Prese le mani d’Alvaro e di Garcia e cercò di sorridere un’ultima volta.

— Addio, — mormorò con voce appena distinta. — Il vulrali non perdona. —

Cercò di rialzarsi poi d’un tratto ricadde.

Diaz, il gran pyaie dalla pelle bianca, era morto!