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328 | Capitolo Trentaduesimo. |
Diaz, col cuore stretto da una profonda angoscia, incoraggiava i Tupinambi ad affrettarsi.
Correvano come cervi, colle mazze in pugno, anelanti di carneficina, assetati di sangue. Il nemico secolare era là e stava forse per opprimere quel terribile Uomo di fuoco, quel semi-dio che possedeva la folgore celeste.
Attraversano la pianura con slancio irresistibile e piombano sulle porte delle cinte, non più guardate dai Tupy, che si sono tutti rovesciati sulla piazza dell’aldèe, per opprimere i pyaie dalla pelle bianca che hanno ucciso il capo della tribù.
Le porte, fracassate, scardinate dalle pesanti mazze dei Tupinambi cadono sfasciate e Diaz alla testa delle prime squadre irrompe attraverso i carbets fra un urlìo furioso ed incessante.
L’assalto è così improvviso e così rapido, che quando i Tupy s’accorgono della presenza dei loro avversari, questi sono già entrati nel villaggio.
Un combattimento furioso s’impegna nelle viuzze dell’aldèe. I Tupy accorrono da tutte le parti in difesa dei loro carbets, travolgendo le donne ed i fanciulli fuggenti, mentre altri tengono testa all’Uomo di fuoco ed al mozzo che sparano all’impazzata presso la capanna fiammeggiante.
Da tutte le parti si combatte a colpi di mazza e di scure fra un fracasso infernale. I Tupy, quantunque inferiori di numero e già demoralizzati dalle fucilate dell’Uomo di fuoco, si difendono coll’energia che infonde la disperazione; ma perdono terreno dinanzi agli attacchi fulminei dei Tupinambi.
Diaz che ha udito le fucilate rimbombare sulla piazza, raccoglie un pugno di valorosi e con Rospo Enfiato si slancia in quella direzione dove il carbet dei prigionieri fiammeggia sempre come una torcia colossale spandendo intorno bagliori sanguigni.
Sfondano le linee dei Tupy già sconnesse e si scagliano verso l’aldèe, tutto rovesciando sul loro passaggio.
Un uomo, con a fianco un ragazzo, spara fra i vortici di fumo e i tizzoni infiammati che cadono da tutte le parti.
— Alvaro! — urla Diaz. — I Tupinambi! —
Il signor Viana, nero di fumo e di polvere, lascia cadere l’archibugio e si getta nelle braccia di Diaz.
In quel momento una freccia colpisce il marinaio in un fianco.
— Sono morto! — grida. — Il vulrali! —