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312 | Capitolo Trentunesimo. |
— Sarà stato qualche tapiro, — disse il Rospo. — Quegli animali abbondano sulle rive delle savane.
— A me parve il sibilo d’una freccia.
— Che i Tupy immaginandosi che noi ci saremmo rifugiati nella savana, siano scesi lungo le rive di quel fiumicello? — si chiese il Tupinambi con una certa inquietudine. — È bensì vero che noi abbiamo la canoa e che non saremo così sciocchi d’approdare.
— Tu sai che ne posseggono anche loro, — disse Diaz.
— Pur troppo, — rispose l’indiano.
Lanciò un rapido sguardo sulla savana e vedendo a breve distanza un gruppo d’isolotti boscosi, aggiunse:
— Se noi prendessimo terra fino a che spunta il sole? Desidererei sapere se i Tupy si preparano a darci la caccia anche sulle acque della savana, prima d’intraprendere la traversata.
— Condivido pienamente la tua idea, — rispose il marinaio di Solis. — Saremo più sicuri in mezzo a quelle piante che su questa canoa che è scoperta.
— Diamo dentro ai remi, uomo bianco. —
Volsero le spalle alla sponda e si diressero frettolosamente verso una di quelle isole, approdando sulla più vasta che era coperta da una vegetazione foltissima.
Essendo la riva ingombra di paletuvieri, nascosero la canoa sotto i rami contorti di quelle piante, poi passando di tronco in tronco giunsero a terra.
— Aspettami, — disse Rospo Enfiato, accostandosi ad una palma altissima, dal tronco diritto ed esile. — Di lassù potrò vedere se i Tupy ci hanno seguiti sulla savana. —
S’arrampicò lestamente sulla pianta fino a raggiungere le immense foglie piumate, ma vi era appena giunto che il marinaio di Solis lo vide ridiscendere precipitosamente.
— S’accostano? — gli chiese.
— No, — rispose l’indiano.
— Allora perchè sei subito sceso?
— Ho veduto un fuoco ardere sulla riva.
— Verso la foce di quel fiumicello?
— Sì, — confermò l’indiano — ed ho veduto anche delle ombre umane agitarsi presso la savana.
— Chi credi che siano? — chiese Diaz dopo qualche istante di silenzio?