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La ritirata di Diaz. | 311 |
poi servendosi dei due vasi che vi stavano dietro, rapidamente la vuotarono.
— Alla savana, — disse il Rospo, prendendo le pagaie.
La corrente era piuttosto rapida e aiutava potentemente la canoa; spinta anche dalle quattro pagaie; in meno di tre ore raggiunse la savana sommersa, senza avere fatto alcun cattivo incontro.
Già i Tupy da parecchio tempo non si udivano più. Dovevano essersi fermati nella foresta, credendo forse che i fuggiaschi avessero trovato qualche nascondiglio.
— Dove potremo trovare i Tupinambi? — chiese Diaz, quando ebbero lasciata la foce del fiume.
— Andiamo alla grande aldèe di Tulipa, — rispose il Rospo. — Sono certo di trovarvi già i miei compatrioti. Le orde degli Eimuri si sono ritirate ormai ed altre sono state distrutte.
— Quando vi potremo giungere?
— Prima del tramonto.
— Sicchè ci saranno necessari almeno due giorni prima di giungere addosso all’aldèe dei Tupy. Potrà resistere Alvaro, ammesso che si sia barricato in qualche capanna?
— Anche se l’avranno preso, non lo mangeranno subito, — disse il Rospo. — I prigionieri vengono serbati per le grandi solennità, tu lo sai.
— Che vengano i tuoi compatrioti?
— L’Uomo di fuoco è troppo prezioso per lasciarlo nelle mani dei Tupy. Pensa quale potenza acquisterebbe la nostra tribù con un pyaie così potente che possiede il fuoco celeste che tuona e uccide ad una così grande distanza.
— È vero, — disse Diaz.
— Tutti sarebbero orgogliosi di avere un tale uomo. Io anzi sono quasi certo che anche i suoi nemici non oserebbero divorarlo.
— Nondimeno non sono affatto tranquillo sulle sue sorte e vorrei già..... —
Diaz si era bruscamente alzato deponendo la pagaia e guardava verso la riva vicina che era spaccata da un piccolo corso d’acqua ingombro d’isolotti.
— Che cosa guardi? — chiese il Rospo.
— Ho udito un sibilo echeggiare laggiù, fra quelle canne palustri.