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Assediati nel carbet dei prigionieri. 295

— Mi ucciderò con un colpo d’archibugio, signore, — disse il mozzo.

— Non sfuggiresti egualmente alla pentola o alla graticola. Anzi sarà meglio che tu ti uccida in uno di quei vasi per risparmiare a loro la fatica di metterti dentro.

— Oh! Signore! Non scherzate così!

— Bah! Morire ridendo o piangendo è tutt’uno, — disse Alvaro. — Oh! Ma non corriamo troppo. Non è ancora venuto il momento di perdere ogni speranza.

— E anche di prepararci a battagliare, signore. Vedo i selvaggi abbandonare le cinte e strisciare lungo le pareti dei carbet.

— Stringeranno il cordone d’assedio per impedirci la fuga. Apriamo gli occhi e non lasciamoci sorprendere. Ceniamo Garcia, finchè abbiamo tempo. La colazione è stata ben magra e l’appetito invece è terribile.

— E domani?

— Ci rimane ancora una galletta e ci accontenteremo. —

E anche la cena scomparve in pochi minuti, senza riuscire a calmare la fame che tormentava specialmente Alvaro.

Come la sera innanzi, il cielo a poco a poco si era coperto, sicchè l’oscurità era scesa fittissima. Anzi delle larghe gocce di pioggia quasi tiepida, cadevano con un sordo crepitìo sui tetti dei carbets.

Gl’indiani pareva che fossero scomparsi o che si fossero rifugiati nelle capanne e nessun fuoco era stato acceso nei dintorni della piazza.

Quella calma e quell’oscurità non rassicuravano Alvaro, anzi lo rendevano più inquieto.

— Che cerchino di sorprenderci approfittando delle tenebre? — si domandava ad ogni istante.

— Signor Alvaro, — disse Garcia, — se noi tentassimo di andarcene? Non vedo più i selvaggi.

— Non fidarti, ragazzo. Io sono certo che ci spiano e che aspettano forse il momento di assalirci.

Sdraiati presso di me e teniamoci pronti a rispondere. —

Si rannicchiarono sulla cima più alta del carbet, l’uno accanto all’altro, coprendosi con alcune foglie strappate dal tetto e che avevano delle dimensioni mostruose.

I goccioloni continuavano a cadere, crepitando, ed in lontananza si udiva di tratto in tratto a rumoreggiare il tuono. Nessun