Pagina:Salgari - L'Uomo di fuoco.djvu/278

272 Capitolo Ventottesimo.

L’aldèe dei Tupy scoperta da Rospo Enfiato, doveva essere una delle più importanti della tribù, a giudicarla dallo spazio racchiuso dalla doppia cinta e dal numero considerevole di abitazioni che sorgevano nel suo interno.

— È là che risiede il gran capo dei Tupy, — disse l’indiano. — È una vera fortezza che i guerrieri della mia tribù non hanno mai osato assalire.

— E noi? — chiese Diaz.

— Noi?... Tre uomini possono passare là dove centinaia e centinaia di guerrieri non riuscirebbero ad aprirsi un passaggio, anche usando la forza.

— Ma noi non sappiamo dove i Tupy custodiscono mio figlio, il piccolo pyaie, — disse il marinaio. — Conosci tu la disposizione interna dell’aldèe?

— No.

— Hai qualche piano nel tuo cervello?

— Sì.

— Parla dunque.

— Abbiamo bisogno d’un prigioniero.

— Per interrogarlo?

— E perchè ci guidi al carbet dei prigionieri destinati ai banchetti dei guerrieri.

— Dove prenderlo?

— Tutte le mattine i ragazzi e le donne delle tribù lasciano l’aldèe per recarsi a prendere acqua. Cerchiamo lo stagno od il ruscello che alimenta la popolazione del villaggio. Non sarà difficile trovarlo.

— Ed il primo che giunge noi lo assaliamo.

— Il gran pyaie bianco sa leggere i miei pensieri, — disse Rospo Enfiato.

— Cerchiamo dunque lo stagno od il ruscello ed un posto adatto per imboscarci.

— I pyaie bianchi mi seguano. —

L’indiano, guidato dal suo istinto meraviglioso, rientrò nella foresta volgendo le spalle all’aldèe dei Tupy, e mettendosi in cerca della fonte e del ruscello, poichè i brasiliani hanno l’abitudine di innalzare i loro villaggi in prossimità d’una palude o d’un corso d’acqua.

Vagò attraverso la foresta per qualche ora, soffermandosi di quando in quando per osservare il terreno, fino a che giunse sulle