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261 | Capitolo Ventisettesimo. |
sito di quel colloquio condusse Alvaro verso la riva, dicendo:
— Tutto va bene. Rospo Enfiato ci condurrà sul territorio dei Tupy e ci aiuterà con tutte le sue forze nella difficile impresa. Sarà un compagno preziosissimo.
— È un valente guerriero?
— Uno dei più indemoniati, che ha ucciso più di quattordici nemici e mangiati non so quanti.
— Essendo la canoa dell’indiano troppo piccola e anche assai avariata, decisero d’imbarcarsi sull’altra che era più comoda e anche meglio tagliata.
— Dove approderemo? — chiese Diaz all’indiano.
— Vi è un fiume più al sud, che conduce nel territorio dei Tupy, — rispose l’indiano. — Se sarà libero lo saliremo.
— È lontano? —
Rospo Enfiato guardò il sole, poi disse:
— Dopo il tramonto vi giungeremo. —
Avendo tre paia di pagaie, ed essendo l’indiano, al pari della maggior parte dei suoi compatrioti, un battelliere inarrivabile, la canoa partì rapidissima, tenendosi a mezzo chilometro dalla costa.
La savana era sempre cosparsa di banchi, coperti ora di paletuvieri rossi ed ora da enormi mazzi di taquara, bambù altissimi di cui gl’indiani si servono per fabbricare le loro frecce.
Gli uccelli acquatici vi svolazzavano sopra a migliaia e migliaia, senza troppo spaventarsi della presenza della canoa.
Eppure l’indiano, remando, approfittava sovente per mandare una freccia, con abilità prodigiosa ora a qualche piassoie ed ora a qualche bel mahitaco od a qualche canindè che schiamazzavano sulle cime dei bambù.
Da uomo previdente pensava alla cena e anche alla colazione dell’indomani.
Qualche altra volta invece, mandava le sue frecce a fior d’acqua arrestando qualche traira, quei grossi pesci che popolano le paludi o qualche rascudo dalle squame durissime, ma non sufficienti a ripararlo dalla sottilissima punta di quei dardi.
— Come sono destri questi selvaggi, — diceva Alvaro che ammirava la bravura di Rospo Enfiato. — Se i miei compatrioti vorranno occupare questo paese colla violenza avranno ben da fare a tener testa a questi indiani. —
Verso sera la canoa che non aveva cessato d’avanzarsi sotto la spinta delle sei pagaie, giungeva all’imboccatura d’un fiume largo un centinaio di metri e che pareva fendesse per un tratto