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Ancora il marinaio di Solis. 211

testa, si gettò dietro un albero per non venire atterrato e abbassò prontamente il fucile, voltandolo. Uno sparo rintronò un istante dopo.

L’animale, arrestato di colpo, nel momento in cui stava per scagliarsi, fece un salto in aria girando su se stesso due o tre volte, poi ricadde miagolando e ululando spaventosamente.

In quell’istante un altro sparo echeggiò nella macchia.

L’uomo che giaceva al suolo a sua volta aveva fatto fuoco, quasi a bruciapelo, fracassando il muso alla fiera.

— Diaz? — gridò Alvaro, precipitandosi verso il marinaio che aveva lasciato cadere il fucile.

— Signor Viana, — rispose il castigliano con voce commossa. — Voi qui, ed in così buon momento? E Garcia?

— Siete ferito?

— Mi sembra che una gamba sia stata sfracellata, signore. Era un giaguaro nero, una delle belve più terribili che infestano le selve brasiliane e m’aveva assalito alle spalle... Grazie... vi devo la vita... Ah! Che dolore! Mi ha strappata mezza coscia, ne sono certo.

— Ah! Povero signor Diaz! — esclamò Garcia che si era avvicinato. — In quale stato vi troviamo!

— Cose che toccano ai vivi, — rispose il marinaio di Solis, tentando di sorridere. — Carracho! Mi è impossibile alzarmi!

— Aspettate che vi porti nella radura vicina, che è assai più illuminata di questa macchia, — disse Alvaro. — Visiteremo la vostra ferita e cercheremo di medicarla.

Speriamo che non sia troppo grave. —

Si assicurò prima che la belva fosse proprio morta, poi prese fra le braccia il marinaio che non era troppo pesante e lo portò fuori dalla macchia, raggiungendo in pochi istanti la radura che la luna rischiarava come in pieno giorno.

Lo depose su uno strato di foglie già preparato dal mozzo e si curvò sul disgraziato marinaio.

Una smorfia molto significante, gli contorse la bocca.

— Diamine! — brontolò. — Che colpo d’artiglio! —

La ferita del marinaio era orribile. Le unghie della belva avevano aperto un solco profondissimo nella coscia destra strappando dei brandelli di carne ed intaccando fors’anche l’osso.

Da quello squarcio che misurava non meno di dieci centime-