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204 | Capitolo Ventunesimo. |
Non volevano però i due fuggiaschi allontanarsi di troppo per non smarrirsi in quella immensa foresta che non avevano mai percorsa, sicchè dopo qualche migliaio di metri si arrestarono alla base di uno di quegli immensi alberi che si trovano di frequente nelle foreste brasiliane, alti non meno di ottanta metri e le cui radici uscendo da terra, formano una specie di tripode che sostiene l’enorme tronco e che possono facilmente servire come di travatura ad una capanna.
— Non andiamo più oltre, — disse Alvaro con voce affannosa. — Questa impenetrabile vòlta di verzura che ci nasconde le stelle, non ci permette di guidarci mentre noi dobbiamo dirigerci verso ponente se vogliamo raggiungere la savana sommersa.
La nostra salvezza sta nelle mani di Diaz e dobbiamo assolutamente trovare quell’uomo.
— Sarà ancora vivo?
— Non ne dubito, Garcia, — rispose Alvaro. — Ha il tuo fucile e munizioni abbondanti e con una tale arma si vincono anche le fiere.
— Se ci avesse abbandonati?
— Lui! No, è impossibile, non lo crederei mai.
— Che possa essersi accorto che gli Eimuri ci hanno sorpresi e rapiti?
— Ne ho la persuasione. Diaz non ha nulla da invidiare ai selvaggi, anzi io credo valga bene più di loro. Scommetterei che sta cercandoci o che sta studiando il mezzo di liberarci.
— E gli Eimuri non ci daranno nuovamente la caccia? — chiese il mozzo che non condivideva l’ottimismo del compagno.
— Probabilmente ci crederanno morti come il loro capo.
— Ditemi, signor Alvaro, era proprio morto il capo? Mi parve che respirasse ancora.
— Andremo ad assicurarcene.
— Vorreste tornare là dove avete ferito o ucciso quel terribile rettile?
— Certo, Garcia. Mi preme assai accertarmi se il capo è vivo o morto.
Se il liboia, come spero, lo ha stritolato, per un po’ di tempo nulla avremo da temere da parte della tribù.
Diaz mi ha narrato che i selvaggi privi del loro capo nulla sanno intraprendere finchè non ne nominano un altro e che la scelta va per le lunghe. Se l’Eimuro è sfuggito incolume