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La fuga.. 203

— Sì ma dopo, — rispose l'animoso giovane, alzando il fucile.

Il liboia era spaventevole a vedersi. Quel serpente, che è il più enorme che esista, superando per mole tutti gli altri conosciuti, aveva stretto il disgraziato capo così bene, da non potersi più vedere.

Sibilava rabbiosamente, agitando senza posa la sua lingua biforcuta e vomitava dalla larga bocca armata di due file di denti aguzzi, getti di bava. La sua coda poi, spazzava il suolo con violenza, spezzando liane e cespugli, per impedire che qualcuno si avvicinasse e cercasse di strappargli la preda.

Alvaro aveva alzato il fucile, mirando la testa che si agitava a venti piedi dal suolo.

— Prendi, — gridò, facendo fuoco.

Il rettile, acciecato dal fumo si ripiegò su se stesso, svolgendo le spire e lasciando cadere l'indiano che non dava più segno di vita, poi cominciò a dibattersi con estremo furore e con soprassalti convulsi.

La palla gli aveva fracassata la testa, pure non pareva che ne avesse ancora abbastanza.

— Fuggite, signor Alvaro! — gridò il mozzo che era diventato pallido come un cencio lavato. — Il serpente vi assale ed il capo è morto. —

Il portoghese aveva già spiccati tre o quattro salti per sottrarsi ai colpi di coda che il mostro non cessava di vibrare, fracassando i cespugli e sollevando una grandine di foglie secche e di frammenti di rami.

Si guardò intorno. Tutti erano fuggiti, perfino il ragazzo che gli serviva da interprete.

— Bah! — disse. — Se il capo non è morto, se la caverà come potrà. Andiamocene prima che gl'indiani ritornino. Di corsa, Garcia e cerca di resistere più che potrai. —

Senza più occuparsi del rettile il quale non cessava di dibattersi, i due naufraghi si slanciarono innanzi correndo come lepri.

La foresta d'altronde favoriva la loro fuga. Non era più ingombra di liane e d'altre parassite e gli alberi lasciavano qua e là degli spazi sufficienti per permettere il passaggio ad un uomo.

E poi le tenebre calavano rapidamente, essendo il sole già tramontato, quindi un inseguimento, almeno pel momento, collo spavento che doveva aver invaso i guerrieri per la morte del capo, non era da temersi.