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196 | Capitolo Ventesimo. |
— Sì, il serpente che ha divorato i guerrieri del capo, — rispose Alvaro.
Il ragazzo si era diretto, correndo, verso la capanna da cui era uscito e poco dopo tornava seguito dal capo e da parecchi guerrieri. Erano però anche essi in preda ad un vivissimo spavento e guardavano sospettosamente i due pyaie e soprattutto quella terribile arma che ispirava ormai un terrore superstizioso, ed invincibile.
Incoraggiati però dalla immobilità e dai sorrisi di Alvaro, a poco a poco formarono attorno a lui un circolo, tenendosi tuttavia sempre a rispettosa distanza.
— Di’ al capo di condurre qui qualche animale, se ne ha qualcuno, — disse Alvaro al ragazzo.
— Che cosa vuoi fare?
— Mostrare al capo come si uccide. —
Il ragazzo scambiò alcune parole coll’Eimuro, poi disse:
— Il capo ti offre uno dei suoi prigionieri. Ne ha ancora una dozzina.
— Mi conduca un animale o non vedrà nulla. Sono i pyaie che comandano in questo momento. —
Alcuni indiani, ai quali il ragazzo aveva tradotta la risposta del portoghese, si diressero verso la foresta dove, forse in qualche recinto, tenevano degli animali destinati a surrogare i prigionieri di guerra quando questi mancavano.
Pochi minuti dopo Alvaro li vide ritornare spingendo innanzi a loro uno strano animale che rassomigliava ad un porco, grosso però più del doppio, con una testa assai accuminata che terminava in una piccola proboscide mobilissima.
Se Alvaro avesse avuto miglior conoscenza cogli animali che abitavano le foreste brasiliane, avrebbe subito riconosciuto in quella specie di porco un tapiro, un essere affatto inoffensivo, che vive per lo più nelle foreste umide o nei pressi delle savane, essendo amante delle canne palustri e delle radici delle piante acquatiche.
Il povero animale, come fosse consapevole della sorte che lo attendeva, cercava di ribellarsi e ricalcitrava, ma gl’indiani a furia di legnate e di calci lo spinsero verso il tronco d’una palma legandovelo solidamente con delle liane.
Alvaro fece cenno ai selvaggi di ritirarsi, si avanzò fino a cinquanta passi della pianta e dopo d’aver pronunciato alcune pa-