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L’Uomo di fuoco. 195

prodotta una immensa impressione su quegl’indiani che in quell’epoca non conoscevano le armi da fuoco e che come tutti i popoli primitivi, avevano una grande paura del tuono.

— Signor Alvaro, — disse il mozzo. — Se noi approfittassimo dello spavento che ha invaso questi selvaggi per mettere in moto le nostre gambe?

— Non ci lascerebbero andare, ragazzo mio, e ben presto li avremmo tutti addosso. No, questo non è il momento di fuggire nè di commettere imprudenze.

Ah! Ecco il giovane indiano che viene verso di noi. Non è meno spaventato degli altri, quel povero diavolo. —

L’interprete era uscito da una capanna e s’avanzava timidamente verso di loro, mentre dietro di lui tuonava la voce rauca del capo.

Era pallidissimo e tremava come una foglia mossa dal venticello.

— Non aver paura, — gli disse Alvaro, sorridendo. — Nessuno ti ucciderà.

— Signore, — balbettò il ragazzo che guardava con uno spavento impossibile a descriversi il fucile che Alvaro teneva fra le mani. — Il capo mi manda a chiedervi chi è che ha cagionata la morte di quel guerriero.

— Quell’uomo ha voluto toccare il potente amuleto dato dal grande Manitou ai pyaie bianchi ed è morto.

Gli uomini rossi non posseggono il fuoco del cielo.

— Quel tuono e quel getto di fuoco stanno rinchiusi nella gravatana che tenete fra le mani?

— Sì, sono qui dentro.

— E uccidono?

— Lo hai veduto. Che cosa aveva fatto quel guerriero?

— Voleva vedere ciò che conteneva la vostra gravatana ed è subito caduto fra una nube di polvere, mentre scoppiava un tuono spaventevole simile a quello che si vede quando infuriano le tempeste.

— È stato un imprudente ed il grande Manitou lo ha punito. Egli non doveva vedere ciò che conteneva l’amuleto dei pyaie dalla pelle bianca.

Va a dire al capo che venga ed io gli mostrerò la potenza di questa gravatana, se ti piace chiamarla così.

— Non ucciderà più nessuno?