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Le vittime della guerra. 187

— È l’uso della tribù e voi non potete sottrarvi agli obblighi spettanti ai pyaie.

— È un tuo compatriota il condannato?

— No, un tupy.

— Se mi provassi a salvarlo?

— Non fatelo, gran pyaie. Anche il mio padrone si era provato da principio e per poco non venne mangiato assieme alla vittima.

— Non opponetevi alle usanze della tribù se volete salvare la pelle. Ecco il prigioniero che ha cominciata la sua danza guerresca. Udite? Egli non tremerà quando la mazza gli sfracellerà il cranio e si difenderà vigorosamente. —

Sulla piazza si udivano a suonare i pifferi e strepitare le maraca che venivano agitate furiosamente per accrescere il baccano e tratto tratto una voce umana, poderosa, echeggiava coprendo quei suoni.

— Giacchè non possiamo farne a meno senza screditarci, andiamo, — disse Alvaro. — Anche la carica di pyaie più o meno grande, ha le sue spine. —

Uscirono preceduti dal ragazzo indiano.

La piazza era già stata occupata da parecchie centinaia di selvaggi, fra i quali si vedevano anche parecchie donne, miserabili creature dai lineamenti non meno bestiali di quelli degli uomini, colle capigliature arruffate, l’orribile barbotto e gli orecchi prodigiosamente allungati e adorni di piccole file di ossicini bianchi, probabilmente di falangi umane e di pietre colorate che ricadevano fino sulle spalle.

— Il tupy che doveva servire da cena al capo ed ai sotto-capi, era già giunto sulla piazza e s’avanzava scortato da un gruppo di suonatori, ballando e cantando per dimostrare il suo coraggio e la nessuna paura che aveva della morte. Era un bel giovane guerriero, di forse venticinque anni, colle membra ben tornite e tatuato in vari luoghi, coi lineamenti più fini e più regolari di quelli degli Eimuri.

Dietro di lui, una vecchia megera, orribilmente dipinta, portava la liwara-pemme, ossia la terribile mazza che i brasiliani usavano adoperare per uccidere i loro prigionieri.

Presso tutte le tribù brasiliane, i nemici che cadevano vivi nelle mani dei vincitori, fino al giorno del supplizio venivano trattati coi più grandi riguardi, come persone quasi sacre.