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182 | Capitolo Diciannovesimo. |
— Avrete del tapiro, della testuggine e del mandioca. Entrate e non uscite finchè non ricevete l’ordine del capo. I pyaie non devono mostrarsi troppo sovente in pubblico. —
Alvaro e Garcia, dopo una breve titubanza, varcarono la soglia, prendendo possesso della dimora del defunto pyaie.
CAPITOLO XIX.
Le vittime della guerra.
Quell’abitazione, che aveva forse prima servito di dimora al pyaie della tribù distrutta o fugata dagli Eimuri, era molto più spaziosa dell’altra, e molto più oscura non avendo che un piccolo pertugio aperto nel letto e le pareti senza fessure.
Anche a prima vista si capiva che doveva essere stata abitata da qualche stregone pel numero infinito di amuleti appesi alle travi del tetto, di collane d’ogni specie formate per lo più di denti d’animali e di vertebre di serpenti che s’incrociavano bizzarramente, formando degli strani trofei.
Quello però che aveva subito attratto l’attenzione dei due naufraghi era stata una collezione di teste umane che ornava la parete trovantesi di fronte alla porta e che erano meravigliosamente conservate.
Al pari dei maori della Nuova Zelanda, i selvaggi brasiliani ci tenevano ad avere le teste dei capi nemici che erano caduti sul campo di battaglia o che avevano divorati.
Per conservarle non ricorrevano, come gl’isolani del grand’Oceano Pacifico al fuoco ed al vapore acqueo.
Ne levavano prima il cervello, che come si può ben immaginare non gettavano via, essendo un boccone troppo squisito e troppo ricercato da quei ributtanti mangiatori di carne umana, poi immergevano la testa in una pentola ripiena d’olio amaro vegetale, conosciuto sotto il nome di antiroba, quindi le esponevano per qualche tempo al fumo.
In seguito levavano gli occhi mettendo invece al loro posto due denti incisivi d’un roditore, cucivano le labbra e ornavano gli orecchi con fiocchetti formati da ciuffi di penne gialle o nere.
La collezione del defunto pyaie era abbastanza ricca, componendosi di una ventina di teste e tutte benissimo conservate.