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La savana sommersa. | 171 |
Nessuno però aveva alzata la mazza contro i due addormentati, anzi tutti si erano fermati guardando Alvaro ed il mozzo con un certo rispetto.
Si scambiarono rapidamente alcune parole, poi improvvisarono con dei rami due barelle e vi posero sopra i due naufraghi senza che questi, sfiniti dalle eccessive fatiche e dalla perdita del sangue, si fossero svegliati.
Raccolsero le armi ed il barilotto delle munizioni che posero su una terza barella, poi rientrarono nella foresta, correndo a precipizio.
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Quando Alvaro si svegliò, con suo immenso stupore non si trovò più sotto l’albero che gli aveva servito d’asilo, nè sulla riva della savana sommersa.
Era coricato su un soffice e fresco strato di foglie di palma e chiuso entro una capannuccia formata di grossi tronchi d’albero e senza alcuna apertura.
La luce però entrava a sufficienza dalle fessure delle pareti sicchè poteva vedere ciò che si trovava in quella umile dimora.
D’un balzo si era rizzato in piedi, chiedendosi se era in preda ad un sogno, non potendo ammettere che il marinaio durante la notte e da solo avesse potuto costruire quel ricovero.
Un grido gli sfuggì tosto scorgendo in un angolo il mozzo, disteso su un altro strato di foglie e col viso imbrattato di sangue.
— Garcia! Garcia! — gridò, precipitandosi verso di lui. — Che cosa è avvenuto? Dove siamo noi? Perchè hai il viso insanguinato?
Il ragazzo udendo quelle grida aveva aperti gli occhi e si era alzato a sedere sbadigliando e stiracchiandosi.
— Ah! Buongiorno, signor Alvaro, — disse. — È tornato il marinaio.
— Ma che marinaio! — gridò Alvaro. — Guarda dove siamo!
— Oh! In una casa! Chi l’ha costruita e vo..... Mio Dio, signore! Avete del sangue dietro l’orecchio destro e tutta la spalla è lorda. Chi vi ha ferito?
— Anch’io sono lordo di sangue! E anche tu! —
Si portò una mano dietro l’orecchio e la ritrasse bagnata.
— Chi ci ha conciati in questo modo? — si chiese.
— Che qualche bestia vi abbia punto, signore? Quei formiconi che abbiamo mangiati fritti, per esempio.